ARTICOLI RUBRICHE SAGGI NARRAZIONI LIBRI
salva invia
26 Dicembre 2010
Dialogo [aggiornato] di un venditore d’almanacchi e di un passeggere
Venditore: Almanacchi, almanacchi vecchi e nuovi; lunari vecchi e nuovi. Bisognano, signore, almanacchi?
Passeggere: Ho inteso bene? Vendete almanacchi per l’anno nuovo e anche per quello vecchio?
V: Sì signore.
P: Che corbelleria sarebbe mai questa. Chi vorrebbe mai scambiare l’anno nuovo per quello vecchio? Di quello che viene non sappiamo nulla e possiamo sperare tutto, di quello che muore conosciamo ormai tutto. È per l'ignoranza del futuro, e per un’illusione della speranza, che desideriamo di vivere ancora; senza la quale illusione o ignoranza non ci piacerebbe più vivere, come noi non vorremmo rivivere nel modo che siamo vissuti.
V: Dipende, signore. Dipende dal futuro che ci si aspetta. Ma anche dal passato che ci è spettato. Per molti, comunque, sarebbe molto meglio poter riscrivere l’anno che è stato, perché temono che quello che verrà sarà identico al precedente.
P: Sentiamo. Non vi piacerebb’egli che l’anno nuovo fosse come qualcuno di questi anni ultimi?
V: Signor no, non mi piacerebbe.
P: Quanti anni nuovi sono passati da che voi vendete almanacchi?
V: Saranno quindici anni, Illustrissimo.
P: A quale di cotesti quindici anni vorreste che somigliasse l’anno venturo?
V: Io? Non saprei.
P: Non vi ricordate di nessun anno in particolare, di cotesti quindici, che vi paresse felice?
V: No in verità, Illustrissimo. E poi io non vendo almanacchi di anni così lontani. Solo dell’ultimo. E di quello che verrà.
P: E l’ultimo, com’è?
V: Dipende, signore. Dipende da quello che avreste voluto che accadesse.
P: Vediamo allora, mostratemi l’almanacco più bello che avete per il 2010.
V: Ecco, Illustrissimo. Cotesto vale trenta soldi.
P: Ecco trenta soldi. Vediamo dal principio. 7 gennaio, Rosarno: rivolta degli studenti universitari, costretti come schiavi a lavorare per venti soldi al giorno. Ma cotesto è un errore, un pasticcio. Erano emigranti a raccogliere le arance, africani. Furono loro a rivoltarsi, a fare barricate, a dare alle fiamme cassonetti, a bruciare i loro miseri ricoveri, a impegnarsi in scontri con la polizia, a sfidare le pallottole della mafia.
V: Illustrissimo, guardate meglio, cercate a dicembre.
P: E sia, cerchiamo. 14 dicembre: rivolta dei migranti contro il decreto Gelmini sull’università, Roma è in fiamme. Ma erano studenti, quelli, e ricercatori. E non parliamo poi dei provocatori violenti. Avete messo assieme male e impaginato peggio le notizie. Un pasticcio, appunto. Dovrete restituirmi i trenta soldi. Siete un impostore, giocate col futuro e col passato.
V: Dipende.
P: E da cosa mai dipenderebbe? Questi sono i fatti.
V: Ecco, appunto, i fatti. E cosa potreste aspettarvi da un almanacco dell’anno vecchio, se non che racconti e rimescoli i fatti? La rivolta di Rosarno c’è stata e quella di Roma, pure. Il 2010 si è aperto e chiuso con rivolte di piazza. C’è chi teme che possa accadere nel 2011, che l’Italia sia travolta da nord e sud da manifestazioni di protesta durissime. Eppure, è già accaduto. L’anno ultimo. Quale novità sarebbe? Le sembra possa cambiare qualcosa in quello che verrà se non cambia in quello che è venuto? Lei vuole un almanacco nuovo che preveda le stesse cose di quelle già successe, o vuole un almanacco che ci riveli quello che abbiamo già vissuto? Deve decidersi, io vendo solo almanacchi, non faccio certo l’indovino.
P: Ma che c’entrano gli emigranti con gli studenti? Che c’entra Rosarno con Roma?
V: Ecco, vede, signore, io questo non lo so esattamente. A pensarci un po’ quelli che raccolgono le arance hanno a volte degli studi alle spalle, e magari vorrebbero un giorno poterci mandare i propri figli, a un’università. Forse hanno fatto bene a protestare contro il decreto Gelmini. E quelli che erano in piazza del Popolo a Roma spesso fanno lavorucci, anche per venti soldi al giorno, li trattano come schiavi, qualcuno poi emigra, non sono mica tutti bamboccioni, sa? Magari hanno fatto bene a protestare perché abbiano un reddito decente, non una paga di mafia. Ma è lei che ha scelto di comprare l’almanacco dell’anno vecchio, ed è lei – visto che ha deciso di scegliere la comprensione certa del passato piuttosto che l’incertezza del futuro – che legge le notizie. L’anno passato, ognuno può leggerlo come vuole. Si potrebbe dire che ci sono più cose nelle notizie accadute che in cielo e in terra, negli astri e negli almanacchi, se voi vi chiamaste Orazio. O William. A proposito, qual è il vostro nome?
P: Giacomo.
V: Ecco, vedete? Sembra un nome da melodramma. Ma cercate, cercate ancora, guardate a settembre, a esempio.
P: Voglio assecondare per un momento le vostre bizzarrie. 22 settembre, Terzigno: rivolta contro la discarica. Cassonetti in fiamme. Ma è una fissazione questa vostra.
V: Sono i fatti, Illustrissimo, solo i fatti. Se volevate le illusioni – lo so che voi credete alle illusioni come unica speranza – potevate andare alla conferenza stampa di fine anno del presidente del Consiglio, e bervi il bicchiere mezzo pieno. E poi, ve l’ho detto: dipende. Forse avete comprato l’almanacco dei cassonetti. Si può leggere il mondo, il passato e il futuro, a partire dai cassonetti. È il loro punto di vista. Bisogna tenerne conto in un almanacco che si rispetti. L’iPad, l’ebook, queste cose le potete trovare sulla copertina di un qualunque giornale, insieme con la faccia di Assange, di Jobs, di Zuckerberg o di Saviano, ma sono banalità e per un cassonetto, ammetterete, ci vuole dell’immaginazione a proporlo come personaggio italiano dell’anno – un po’ come fece Time quando mise il computer in copertina. Forse è l’immagine che descrive meglio di ogni altra l’Italia del 2010, da Napoli a Palermo, dall’Aquila a Terzigno, da Rosarno a Roma a Pompei, appunto. E, a dirla tutta, esteticamente è pure meglio della facciaditolla di Giancarlo Tullianni, o di Scajola o di Scilipoti, per fare dei nomi.
P: Ma qui dice pure che è apparsa la Madonna a Boscoreale. Che il cardinale Sepe, tra un provvedimento giudiziario e l’altro, vi s‘è precipitato a benedire. E questi non sono fatti, sono invenzioni.
V: Così c’è scritto? E che deve fare quella povera gente per farsi rispettare? È la Madonna della monnezza che è apparsa. Non vorrete privare giusto i napoletani, devoti quanto altri mai, di un’apparizione e di un miracolo, e che altro può salvarli dalla monnezza? O devono mettersi d’accordo sulle primarie perché appaia? Forse pure a Pomigliano apparirà la Madonna, e può darsi che chiederà di entrare con una quota di minoranza nella newco – sa, farebbero bene a accettare, di globalizzazione lassù se ne intendono. Che, la newco non è un’invenzione bella e buona? Protesta, lei, con Marchionne? È più facile prendersela con un venditore di almanacchi. Chiederanno la tessera della Cisl pure alla Madonna? Cosa mai pretendereste da me?
P: L’aderenza alle cose, alla realtà, non fantasticherie. Mi sa che sarebbe chiedervi troppo. Siete un venditore, come quell’altro.
V: È vero, ma io vendo opportunità, curvature della storia, non favole.
P: Voglio proprio vedere, sfoglio a caso questo vostro almanacco. 5 settembre: Fini chiude a Mirabello la Festa del tricolore con un discorso di apertura verso Berlusconi. 15 novembre: Futuro e libertà rafforza la propria delegazione al governo, Bocchino diventa ministro dei Beni culturali al posto di Bondi. Ma, ma, le cose non sono andate così.
V: E non sarebbe stato meglio? Lo dico per Fini, che mi sembra pure un brav’uomo. Ma pure per noi, che ci saremmo risparmiati tutto quell’ambaradam, che sembrava dovesse succedere il finimondo. E invece era la guerra delle rane e dei topi, una batracomachia. Ma non le vengo certo a raccontare a lei queste cose, che ci ha scritto sopra un Discorso e un Paralipomeni. Quanto alla cultura, cosa vuole che le dica? È lei il monumento, mica io.
P: Comincio a pensare che il suo sia un almanacco di parte. Voglio proprio vedere che dice della sinistra.
V: Ah no, quella non la troverà nel mio almanacco.
P: E perché mai, di grazia?
P: Perché lei l’ha mai trovata nell’anno trascorso? Ma neanche a cercarla col lanternino, sa? Bisognerebbe fare i tarocchi, per l’anno a venire, ma io, come le ho detto, non sono un indovino. Qui parliamo di almanacchi, di fatti.
P: Voi mi confondete, confondete i fatti.
V: Illustrissimo, sono i fatti che ci confondono. Forse, è proprio questo il punto, bisogna lasciarsi confondere. Ricordare l’inaspettato, l’inatteso. Il miracolo. Quello che non abbiamo officiato a suo tempo, con la sacralità dovuta, ma facciamo sempre in tempo a officiare. Che, non sono stati miracoli la ribellione degli emigranti, la resistenza degli aquilani e dei napoletani, la rivolta degli studenti? Non è stato un miracolo il ritorno delle cicogne, che erano scomparse, a nidificare sui tetti d’Italia, sulle gru? Quale altro migliore augurio possiamo farci per l’anno che è appena trascorso? Una nuova natalità di speranza.
P: Siete troppo poeta per me. Datemene un altro di almanacco, di quelli nuovi però.
V: Ecco, signore, fanno altri trenta soldi.
P: A voi. Certo, siete un po’ esoso. Con la crisi, ci si aspetterebbe che calmieraste i prezzi.
V: Come si fa a calmierare il futuro, signore? Il prezzo – se vi intendete di economia, concorderete – è una aspettativa.
P: Lasciamo perdere. Dunque, 11 gennaio; la Consulta boccia il legittimo impedimento. Il governo apre la crisi: si vota a maggio. Vediamo, febbraio, marzo, aprile, ma maggio? Manca maggio.
V: Che vi dicevo, Illustrissimo? Non è forse meglio riflettere su ciò che abbiamo alle spalle piuttosto che fantasticare e appendersi a quello che potrebbe accadere? Il caso può trattarci tutti male. Può bastare un pugno di voti, a volte. E si vede chiaro che ciascuno è d’opinione che possa essere più o di più peso il male che può toccargli, che il bene. Chieda a Monicelli, quando ne avrà l’opportunità, se non crede alle mie parole. Quella vita ch’è una cosa bella, non è la vita che non si conosce, ma quella che si conosce; non la vita futura, ma la passata. Coll’anno vecchio, a ben guardare, a grattare un po’ di qua e di là sotto le notizie, il caso incomincerà a trattar bene voi e me e tutti gli altri, e si principierà la vita felice. Pensi alla Prestigiacomo.
P: La Prestigiacomo?
V: Ma sì, signore, fa così ben rima col suo, di nome. Legga, legga.
P: 2 gennaio: conferenza stampa del ministro dell’Ambiente che ha annunciato ilare e radiosa l’approvazione di un suo progetto in Consiglio dei ministri per inaugurare l’anniversario dell’unità d’Italia. Centocinquantamila alberi della libertà saranno piantati dallo Stelvio a Pachino. Servirà pure per il rimboschimento del territorio, che qui e là, diciamo così, tende a cedere. Ma coteste sono bubbole. Lei non può vendere bubbole. Mi ha appena detto che vende opportunità, curvature della storia.
V: E lei crede che la storia, con tutto il rispetto, possa avere qualcosa a che fare con la Prestigiacomo? Colga il succo della notizia: gli alberi della libertà. Sta lì la storia. E accolga – gliela regalo in omaggio, un bonus – queste effemeridi: il 2011 sarà l’anno del Sud.
P: Di tutte, cotesta è la ventura più improbabile.
V: Si tenga stretto l’almanacco vecchio, allora. E buon 2010, al dunque. A rivederla, Illustrissimo. Almanacchi, almanacchi vecchi e nuovi; lunari vecchi e nuovi.

Nicotera, 26 dicembre 2010
[torna su]
politiche
economie
culture
società
mailto