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17 Maggio 2002
La grafica web non piace ai bambini |
Due ricerche promosse da Nielsen Norman Group, uno studio di web design di San Francisco, ci dicono che la grafica che fa tendenza oggi per i siti Internet non è gradita dai più piccoli. Il campione di indagine non è particolarmente esteso, però è significativo: sono stati intervistati 55 bambini israeliani e degli Usa e 40 navigatori over 65 giapponesi e americani. Non chiedetevi in base a quale ragionamento sia stato deciso di selezionare fasce di età così distanti, saltando a piè pari la fascia centrale, quella che presumibilmente è la vera fascia di fruizione della rete. Così è. I risultati dicono che la grafica web ostacola la navigazione dei bambini, mentre soddisfa il pubblico più adulto. Gli "anziani" navigano lentamente, ma godono appieno dell'esperienza, mentre i bambini si affaticano e si divertono meno. In più, i bambini raramente fanno scorrere tutta la pagina e quindi si fermano a guardare solo le prime righe.
C'è ancora una considerazione che salta fuori dall'indagine conoscitiva: i bambini non capiscono quali siano le differenze tra il contenuto dei siti e la pubblicità. E a questo punto ammetterete che qualche considerazione più generale - nonostante il campione ristretto, nonostante l'età "singolare" - sia possibile farla.
C'è stato un momento - non molto lontano - in cui la parola d'ordine del web era "accessibilità", più o meno legato all'immediata uscita del libro di Jakob Nielsen Web Usability. Ci furono dibattiti feroci in rete: da una parte i sostenitori di una essenzialità spartana che si riducesse fino all'osso, nell'intento di corrispondere al criterio prioritario della rete, ovvero fornire "servizi" nel modo più rapido, immediato e semplice di reperimento e consultazione; e c'era chi sosteneva invece che la rete fosse nata e fosse cresciuta attorno la "comunicazione" e quindi una complessità di esperienza data anche dai servizi ma soprattutto dall'interazione, dallo scambio, dalle emozioni, dalla dilatazione del tempo, dalla disponibilità, dal godimento quindi. C'erano - ci sono - evidentemente buone ragioni e torti in entrambe le posizioni. Ma il dibattito si attestò con punte virulente come su una contrapposizione fra "etica della rete" e "estetica della rete" - con interscambi di parti.
Intanto, non potevi girare per aziende di web design senza che ti invitassero al prossimo seminario sull'usabilità tenuto dal direttore di agenzia, non potevi lavorare a un progetto senza che il project manager ripetesse a ogni piè sospinto "usabilità usabilità", non potevi leggere un dépliant di presentazione di qualche impresa senza doverti sorbire uno o due paragrafi sull'usabilità [in rete, poi, non ne parliamo].
Questa ondata di spartanità era immediatamente successiva e anche parallela a un'altra ondata, quella legata all'abuso di "flash", un editor grafico visuale capace di straordinarie soluzioni dinamiche ma lente e pesanti. Capitava così che un sito venisse premiato a un concorso - giuro, è vero, non cito per carità di patria - esaltato per le splendide soluzioni grafiche ma che dovevi aspettare 1 minuto e 21 secondi per vederlo [e lo si diceva pure]. Insomma, accade così sul web, che si va a ondate. Poi, si trova una misura.
Però, i bambini.
I bambini non si divertono dicono le indagini: e questo è male. Se la rete non suscita emozioni sarà solo uno strumento di "ordine". E i bambini non leggono oltre le prime righe: bisogna scrivere meglio allora, catturare la loro attenzione. E i bambini scambiano la pubblicità per il contenuto dei siti. Qui davvero non hanno torto: anzi, anch'io scambio spesso il contenuto dei siti con la pubblicità: accade anche nel cartaceo, sapete.
Roma, 17 maggio 2002
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