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04 Luglio 2002
E-learning: business o diritto?
Si è conclusa, a Lisbona, alla fine di maggio la terza edizione del WEM (World Education Market, ovvero il mercato globale dell'educazione), l'annuale mostra mercato dei prodotti e sistemi dedicati alla educazione e alla formazione, riservata agli addetti ai lavori [ne dà informazioni il sito di altrascuola.it: http://www.altrascuola.it/article.php?sid=665]. Numerosi i padiglioni nazionali, con una forte presenza di università [spiccava l'evidente assenza delle istituzioni italiane]. E' invece interessante registrare le numerose sperimentazioni di alcune università "aperte" europee, come quella di Catalogna (UOC), quella olandese e alcune francesi. Aperta nel senso di svincolata dai limiti di tempo, spazio e percorso didattico degli studenti: sperimentazione dell'e-learning, l'apprendimento a distanza. Sembra quasi di individuare una linea di tendenza verso l'università "aperta". La UOC [Università Operta de Catalunya] e la Open University of the Netherlands sono esempi significativi: la prima è tra le più avanzate sulla strada dell'e-learning, con trentamila studenti iscritti, senza avere una segreteria fisica, erogando corsi solo via internet, raccogliendo le iscrizioni e la documentazione degli studenti esclusivamente on-line o al telefono. La validità dei diplomi di laurea è la stessa delle università in cui la didattica è obbligatoriamente in presenza. Nei laboratori della UOC è stato sviluppato un sistema di insegnamento a distanza via web. Nel 1995 hanno aperto i primi corsi, e ormai sono diventati un punto di riferimento, iniziando a vendere il proprio sistema didattico-tecnologico anche a imprese private. Leggermente differente la strada percorsa dalla Open University of the Netherlands: l'integrazione con le imprese private è stata da subito più forte, il sistema di formazione a distanza via web è stato sviluppato da aziende, mentre l'università si è particolarmente concentrata su contenuti e metodi didattici.
In ogni caso, rimane centrale la questione del rapporto tra sviluppo dei contenuti, accesso agli stessi e costruzione delle piattaforme tecnologiche che permettono l'insegnamento e la formazione a distanza. Il mercato italiano dei servizi e dei software per l'e-learning prevede di toccare i 370 milioni di dollari per il 2003, per arrivare a 990 milioni di dollari nel 2004. Si capisce perché aziende come la Cisco Systems o anche IBM che avevano dato vita a strutture di formazione a distanza per questioni interne, abbiano deciso di riconvertire tali strutture in fonti di business, proponendo anche all'esterno i loro corsi. In Italia, la società che più sta attrezzandosi è Sfera, società del gruppo Enel nata con l'idea di creare una corporate university all'interno del gruppo, e che ha adesso a catalogo più di mille corsi, con un'offerta tra le più ricche, articolata in diversi livelli di approfondimento e realizzata in collaborazione con università. L'intreccio tra azienda privata e pubblico sembra ineludibile, e per certi versi è anche interessante e sacrosanto quando l'azienda si rivolge al proprio interno. Più problematico ci pare il dinamismo delle università verso il privato, benché ormai poco di "senso pubblico" rimanga tra i centri di ricerca e le aule universitarie. E la gestione dei finanziamenti.
E però, lo sviluppo dell'e-learning, che potenzialmente ha una capacità di toccare - con lo sviluppo dei collegamenti e delle connessioni domestiche - ogni cittadino, dovrebbe essere un tema caro a chi ha a cuore la crescita del "sapere generale" di una collettività, sottraendolo agli appetiti del business.

Roma, 4 luglio 2002
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